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La struttura dei kanji
Per memorizzare meglio i kanji, è essenziale conoscerne la struttura. Dal punto di vista strutturale, i kanji sono tradizionalmente classificati in 6 diverse categorie (rikusho 六書):
- Pittogrammi
- Semplici concetti
- Combinazione di più concetti
- Significato generale e pronuncia
- Caratteri che hanno cambiato significato
- Prestiti fonetici
Ciascuna di queste categorie rappresenta una fase evolutiva del sistema di scrittura di origine cinese. Le ultime due categorie tuttavia, non riguardano due nuovi tipi di kanji, ma sono semplicemente caratteri già esistenti che vengono usati con significati o per finalità diverse da quelle per le quali sono stati inizialmente creati.
1. Pittogrammi (shōkei moji 象形文字)
A questa categoria appartengono molti dei kanji che i bambini giapponesi studiano durante i 6 anni di scuola elementare. Sono kanji dalla struttura semplice, poiché raffigurano in modo stilizzato la forma dell'oggetto. Sono anche i più facili da ricordare proprio perché l'immagine dell'oggetto rimane impressa nella mente assieme a quella del kanji. La loro origine risale a tempi remoti, quando l'unico modo conosciuto per rappresentare la realtà circostante era quello di raffigurare la forma degli oggetti, perlomeno nei loro tratti fondamentali. Col tempo, la forma originaria dei pittogrammi si è ulteriormente stilizzata diventando più squadrata e rendendo in molti casi più difficile identificarne il significato. Vediamo alcuni esempi:
2. Semplici concetti (shiji moji 指事文字)
La struttura è praticamente identica alla categoria di kanji precedente. L'unica differenza sta nel fatto che, in questo caso, l'oggetto raffigurato è usato per esprimere un concetto astratto. Eccone alcuni esempi:
3. Combinazione di più concetti (kaii moji 会意文字)
Questa categoria di kanji rappresenta la prima sostanziale evoluzione dal punto di vista strutturale con il passaggio da una struttura semplice ad una più complessa. Due o più kanji che esprimono concetti semplici si affiancano o si sovrappongono l'uno all'altro per esprimere un nuovo concetto e formare così un nuovo kanji. Vediamo alcuni esempi:
4. Significato generale e pronuncia (keisei moji 形声文字)
È la categoria con il maggior numero di kanji e rappresenta una importante tappa evolutiva nella storia della scrittura cinese. In origine semplicemente pittografica e concettuale, la scrittura cinese si evolve e diventa per la prima volta un sistema ibrido. La struttura di questo nuovo tipo di kanji infatti, è costituita da un elemento pittografico-concettuale al quale si affianca un secondo elemento fonetico.
L'elemento pittografico-concettuale è tradizionalmente noto come "radicale" e suggerisce qual è il significato generale, ovvero il campo semantico al quale la parola appartiene. Il secondo elemento presente accanto al radicale, attraverso la pronuncia, fornisce un'ulteriore indicazione sull'esatto significato del kanji.
L'aspetto innovativo è che, a differenza della categoria precedente, qui il significato originario del secondo elemento non ha più alcuna rilevanza. Quello che interessa è solo la sua pronuncia. Il secondo elemento viene infatti scelto unicamente perché si pronuncia in modo quasi sempre identico alla parola che si vuole rappresentare mediante il nuovo kanji.
Il meccanismo è simile a quello dei rebus in enigmistica, e mette in evidenza una caratteristica tipica della lingua cinese, ovvero la presenza di innumerevoli parole che si pronunciano allo stesso modo ma hanno significati completamente differenti tra loro. La lingua cinese parlata distingue queste parole omofone pronunciandole con toni di voce diversi contrassegnati da una vocale diversamente accentata. Ma in molti casi, questo non basta. Solo attraverso la scrittura in kanji è possibile distinguere il significato di ciascuna parola l'una dall'altra:
Adottando i caratteri cinesi, la lingua giapponese ha preso in prestito anche il modo di pronunciarli, ma senza toni. Questo ha prodotto in giapponese un aumento esponenziale delle parole omofone che è spesso causa di ambiguità nell'interpretazione di un discorso. Non di rado, capita di vedere giapponesi che, quando parlano tra loro, sono costretti ad usare sinonimi o a descrivere a voce gli elementi che compongono il kanji con cui si scrive la parola che hanno pronunciato, o addirittura a tracciare con un dito sul palmo della mano il kanji in questione per chiarire al proprio interlocutore il senso della parola appena detta.
Vediamo ora in pratica come funziona questo nuovo tipo di kanji.
Come si può notare dai kanji elencati qui sopra, a parte il primo, tutti gli altri caratteri hanno un radicale (evidenziato in rosso) che è diverso in ogni caso, poiché diverso è il significato di ciascun kanji. Ciò che accomuna questi caratteri, è la loro pronuncia di origine cinese KAN. In ognuno di essi è infatti presente il kanji 干 KAN utilizzato come elemento fonetico. Il significato originario di 干 è "seccare, asciugare", ma è del tutto irrilevante.
Il kanji 汗 KAN (=sudore) contiene il radicale 氵 "acqua" poiché il sudore è un liquido. 肝 KAN (=fegato) contiene il radicale 月 "carne" poiché il fegato è fatto di tale sostanza. 竿 KAN (=palo, asta) contiene il radicale 竹 "bambù" poiché le aste erano perlopiù fatte di questo materiale. 鼾 KAN (=russare) contiene il radicale 鼻 "naso" poiché russare è un'azione che coinvolge tale organo. 旱 KAN (=tempo soleggiato) contiene il radicale 日 "sole" per ovvie ragioni. 釬 KAN (=protezione al braccio dell'arciere) contiene il radicale 金 "metallo" poiché tali protezioni erano forse fatte di questo materiale. Infine, 扞 KAN (=difendere, proteggere) contiene il radicale 扌 "mano" poiché nel proteggersi da un'eventuale aggressione, istintivamente, ci si ripara con la mano.
La combinazione fra radicale ed elemento fonetico nei kanji di questo tipo ha permesso, con il meccanismo appena descritto, di rendere in forma scritta parole che altrimenti, con il solo sistema pittografico o concettuale, sarebbe stato impossibile esprimere.
Dal punto di vista pratico, lo studente che non conosce un determinato kanji, osservandone il radicale, nella maggior parte dei casi, sarà in grado di capire almeno qual è il suo significato generale. Potrà intuire se si tratta di un albero, una persona, un uccello, un pesce, ecc.
È essenziale conoscere i radicali poiché i kanji presenti nei dizionari a loro dedicati sono ordinati in base a questo particolare elemento. Per cercare un determinato kanji, occorre dunque analizzarne la struttura identificando innanzitutto il radicale. Questa procedura in effetti vale anche per la ricerca dei kanji che appartengono alle altre categorie nelle quali l'elemento radicale è sempre presente. In totale esistono 214 radicali, ma non tutti sono usati con la stessa frequenza. È consigliabile saper riconoscere almeno quelli di uso comune. Quasi tutti i kanji più semplici svolgono anche la funzione di radicale all'interno dei kanji più complessi.
Vediamo alcuni tra i principali radicali. In ognuno dei kanji elencati qui sotto, il radicale è evidenziato in rosso. La parte in nero è l'elemento fonetico.
Tutti gli alberi o gli oggetti di legno ad esempio, avranno come radicale il kanji 木 "albero, legno".
I metalli e gli oggetti di metallo avranno come radicale il kanji 金 "oro, metallo":
Molti kanji che indicano persone o che hanno a che fare in qualche modo con un'azione umana avranno come radicale il kanji 人 "persona" che, quando è usato come radicale, spesso si trasforma in亻:
I kanji che esprimono stati d'animo o sentimenti sono quasi sempre accompagnati dal radicale 心 "cuore, mente, spirito", che spesso appare nella sua forma semplificata 忄:
Nei kanji dei nomi di animali o in azioni che li vedono coinvolti, troviamo ad esempio i seguenti radicali:
Un fatto curioso nell'elenco qui sopra è che il kanji 鯨 "balena" contenga il radicale 魚 "pesce". Solo molti secoli dopo si scoprirà che la balena è in realtà un mammifero.
Anche i kanji che indicano parti del corpo umano come 目 "occhio", 口 "bocca", 耳 "orecchio", 手 "mano", 足 "piede", ecc. servono per formare kanji più complessi che indicano altre parti poste in prossimità o azioni effettuate mediante le parti del corpo appena menzionate. In particolare, il kanji 手 "mano" (spesso nella forma 扌 quando è usato come radicale) è adoperato in moltissimi kanji più complessi per esprimere parti della mano o azioni che ne implicano l'uso.
L'elemento base 疒 è uno di quei radicali che non è mai adoperato da solo, ma sempre all'interno di un kanji accompagnato da altri elementi, per indicare qualsiasi tipo di malattia o sensazione spiacevole del corpo umano:
Altri kanji spesso usati come radicali sono 水 "acqua", 火 "fuoco", 土 "terra", 日 "sole". In particolare i kanji 水 e 火, quando sono adoperati come radicali, a volte si trasformano rispettivamente in 氵e 灬.
Come si può osservare da tutti gli esempi sin qui illustrati, all'interno di ciascun kanji il radicale può occupare posizioni diverse. Le posizioni possibili sono le seguenti:
Come abbiamo visto in precedenza, il radicale è indispensabile per distinguere tra loro parole di significato diverso ma che hanno in comune la stessa pronuncia sino-giapponese e utilizzano lo stesso elemento fonetico:
Supponiamo che lo studente incontri in un testo giapponese un kanji mai visto prima, ad esempio 舶. Se conosce già i kanji 舟 "barca" e 白 "bianco" per averli studiati in precedenza, e sa inoltre che la pronuncia sino-giapponese di 白 è HAKU, non avrà alcuna difficoltà nell'intuire che 舶, con ogni probabilità, è un oggetto che riguarda le barche e si pronuncia HAKU. Lo studente potrà così sfruttare molti degli elementi che già conosce per memorizzare un nuovo carattere, senza dover partire ogni volta da zero.
5. Caratteri che hanno cambiato significato (tenchū moji 転注文字)
Come in ogni lingua le parole cambiano significato con il passare del tempo, così anche molti kanji hanno assunto un significato diverso da quello che avevano in origine. I kanji che rientrano in questa categoria non presentano alcuna innovazione nella struttura in sé. Sono caratteri che inizialmente avevano un altro significato e appartenevano ad una delle precedenti quattro categorie. Vediamone alcuni esempi:
6. Prestiti fonetici (kasha moji 仮借文字)
I prestiti fonetici sono normali kanji usati per trascrivere parole e nomi stranieri. Vengono scelti unicamente per la loro pronuncia. Il loro significato originario in questi casi viene del tutto ignorato. Questo particolare sistema di trascrizione è tuttora usato nella lingua cinese. In giapponese era utilizzato in passato, ma oggi si preferisce molto più semplicemente adoperare il sillabario katakana (evidenziato in rosso accanto ai kanji).
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